Sottobosco

Sottobosco Chiara Bersani

“Non sapendo quando l’Alba possa arrivare,
Lascio aperta ogni Porta.
Che abbia Piume (o Ali), come un uccello
Oppure Onde, come una riva.”

Emily Elizabeth Dickinson

PREMESSE

10 MARZO 2022, APPUNTI DI CHIARA

[2° inverno di pandemia – inizio campagna vaccinale italiana.
A causa di una mancanza di linee guida nazionali sulle categorie prioritarie da vaccinare, le regioni iniziarono a muoversi autonomamente ponendo professionisti/e della giustizia, giornalisti/e, politici/e (…) come prioritari rispetto alle persone fragili e vulnerabili]

No, non c’è alleanza tra i corpi ora.
È calato il silenzio nelle ossa, le pieghe delle articolazioni creano grotte cave. Toccarti è sovversivo, fare l’amore è carbonaro e a chiunque mi chieda una parola di conforto io riservo lo sguardo più feroce.
No, non c’è alleanza e non c’è conforto.
Non posso essere culla accogliente perché mi avete resa selvatica.
In biologia è classificata come vulnerabile quella specie, animale o vegetale, a rischio di estinzione.
Questo tempo mi ha incoronata tale.
Sono crollate quelle strutture le cui lunghe
dita accarezzavano la mia testa sussurrandomi all’orecchio che ero ben accolta, ben accettata.

È bastata una variazione del sistema biologico perché la soglia venisse spostata e tanti, troppi corpi restassero fuori nella notte.
No, non c’è alleanza, non c’è conforto, ma se ti arrendi mi posso prendere cura di te.
Perché le ferite sono un fatto, le fratture sono un evento concreto e noi che non abbiamo nemmeno una priorità vaccinale non ti confortiamo, no, ma ti curiamo se serve.
Tu però ti devi adagiare.
Devi lasciare le tue armi accettando di non sapere dove sono le nostre.
Tu ci devi avvicinare perché noi abbiamo imparato a stare senza di te.
Se vuoi possiamo partire dalla cura dei corpi e poi sperare che qualcosa germogli.

INCIPIT

UNA SITUAZIONE E MOLTE DOMANDE

Un gruppo di bambini con disabilità si perde nel bosco. O forse sono stati abbandonati. Forse inseguivano un amore. Forse il bosco, un giorno, gli è semplicemente cresciuto attorno.
Il nostro presente ce lo racconta: le cose accadono. Ci sorprendono e a noi non resta che capire se possiamo sopravvivergli o no.

spettacolo show sottobosco

Cosa potrebbe accadere?

Cosa ne sarà dei loro corpi?

Cosa dei loro cuori?

Delle carrozzine e delle stampelle?

Delle loro protesi, molteplici e multiformi?

Cosa guarderanno i loro occhi?

E la lingua?

Che lingua parleranno?

E chi arriva da fuori, chi li trova per caso
o desiderio, come deve avvicinarli?

Può farlo?

Saprà chiedere permesso?

HABITAT

APPUNTI SPAZIALI

habitat ‹àbitat› s. m. [verbo lat., 3a pers. sing. del pres. indic. di habitare «abitare» (quindi propriam. «esso abita»)].

In biologia, l’insieme delle condizioni ambientali in cui vive una determinata specie di animali o di piante, o anche un singolo stadio del ciclo biologico di una specie;
con sign. più ristretto, in botanica, l’area nella quale una pianta trova le condizioni ambientali favorevoli al suo sviluppo.

Enciclopedia Treccani

sottobosco 2

Lavorare a Sottobosco vorrà dire, come prima cosa, costruire l’habitat in cui gruppi estemporanei di bambini si potranno incontrare e diventare comunità.
Di questo ambiente, ad oggi, conosciamo solamente la stratificazione.
Ci sarà un cielo sopra le nostre teste, inaccessibile e orizzontale, nel quale si muoveranno suoni e luci con la stessa

inesorabile andatura dell’universo che si espande.
Ci sarà un sottobosco che vivrà sotto quel cielo e sarà abitato dai performer, dal pubblico, da altri suoni e altre luci che
vivranno tremanti come i corpi e le piante.
Cosa ci sia tra il cielo e il sottobosco ancora non lo sappiamo.

AZIONE

APPUNTI COREOGRAFICI

Sono stata una bambina disabile, spesso immobilizzata.
Venivo posta in un punto dello spazio, lasciata lì per molto tempo e allora io quel punto lo imparavo a memoria.
Non mi orientavo nei sentieri ma conoscevo perfettamente i luoghi di pausa, quiete, ristoro.

sottobosco 3

Quali azioni compie un corpo che non può correre nello spazio?
Cosa porta un corpo che fatica a spostarsi, a farlo?
Bambini e bambine con mobilità ridotta, inseriti in uno spazio che rende ancor più complesso il loro movimento, come esplodono?
Cosa genera le loro risate?
E queste, le loro risate, unite, cosa provocano?

Gli occhi mentre corrono nello spazio, sono danza?
Le dita che abbottonano la giacca?
Le mani mentre allacciano le scarpe?
Una testa che ondeggia?
Un incontenibile sorriso?
La lingua che scorre sulle labbra?
E la lingua, inteso qui come insieme di segni che consente la comunicazione tra persone, la
lingua è danza?

IL SUONO

“Quante cose restano nascoste in una fine, dal polo sud al polo nord?”

Possiamo pensare, quando immaginiamo l’apparato sonoro di questo lavoro, al tracciato multiforme e multidimensionale che può percorrere un meridiano, dal polo nord al polo sud.
L’evoluzione del suono durante l’opera ospita un movimento iperbolico che attraversa stati, spazi di luce e di oscurità, texture di materie differenti, spazi puliti e nebbiosi, a volte molto vuoti, altre volte molto larghi o stretti.
Ascoltando questo movimento come un’evoluzione costante di molteplici “fini”, un cambiamento e mutamento di spazi, possiamo trovare micro suoni, mondi piccolissimi che abitano queste macroforme, dettagli che costruiscono un ambiente spaziale vivo e in ascolto, in continua trasformazione.

Lemmo, Musicista

WORKSHOP

Per la creazione di questa opera avremo bisogno di lavorare attraverso workshop con comunità locali di persone con disabilità.
Sarà per noi importante realizzare sia workshop per bambini con disabilità sia per adulti con disabilità che siano disposti a relazionarsi con la memoria dei bambini che sono stati.
Le modalità del workshop verranno concordate con gli enti ospitanti affinché si possa partire da realtà già esistenti sul territorio.
Crediamo inoltre che la presenza di performer sempre differenti apra il lavoro a potenziali relazioni con le comunità locali difficili da immaginare ora ma potenzialmente molto arricchenti per l’opera.

Una volta che ci si è sbarazzati del binomio Uomo/Natura, tutte le creature possono tornare a vivere, e gli uomini e le donne possono esprimersi senza le limitazioni imposte da una razionalità di vedute troppo strette.
Queste storie, non più relegate a un sussurro nella notte, potrebbero essere allo stesso tempo vere e immaginarie.
Come spiegare altrimenti che qualcosa viva nel pandemonio che abbiamo scatenato?

“Il fungo alla fine del mondo.
La possibilità di vivere nelle rovine del capitalismo.”

Anna Lowenhaupt Tsing

con il sostegno del MiC – DIREZIONE GENERALE SPETTACOLO